Il contributo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, socio dello Studio Fantozzi & Associati, su Norme & Tributi de Il Sole 24 Ore.
Il contributo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, socio dello Studio Fantozzi & Associati, su Norme & Tributi de Il Sole 24 Ore.
Ma andiamo per gradi. Per i soggetti passivi Irpef l’articolo 30 inserisce un’altra e autonoma categoria di redditi diversi, aggiungendo, dopo la lettera c-quinquies) dell’articolo 67 del Tuir, di chiusura delle fattispecie imponibili precedenti, la lettera c-sexies), nella quale vengono incluse le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso, permuta, rimborso o detenzione delle cripto-attività, superiori a 2mila euro in ciascun periodo di imposta.
Viene quindi stabilita espressamente la rilevanza impositiva di tali redditi, diversamente dall’approccio dell’Agenzia, che, dalla risoluzione 72/E del 2016, li riconduce “a forza” tra i proventi realizzati mediante le cessioni di valute estere ex articolo 67, comma 1-ter. Verosimilmente, il legislatore ha preso atto della definizione legale della valuta digitale (articolo 1 del Dlgs 231/2007 e articolo 1 del Dlgs 184/2021), in base alla quale le valute in blockchain non sono assimilabili alle monete cosiddette fiat, cioè aventi corso legale, valore liberatorio ex lege, in quanto emesse o garantite da un Banca centrale o da uno Stato.
Dunque, l’intervento normativo di ampio respiro, nonostante talune criticità – emendabili in sede di approvazione definitiva, come la rilevanza reddituale della mera “detenzione” degli asset digitali e la franchigia stabilita in 2mila euro – disvela l’intento di congegnare ex novo uno specifico regime tributario dei guadagni da criptovalute, con effetti ex nunc, cioè con tassazione dei proventi percepiti dal 2023.